Un pensiero su “L’Ippopotamo e la cura dimagrante

  1. L’IPPOPOTAMO E LA CURA DIMAGRANTE

    Nel mezzo della foresta viveva un grosso e grasso ippopotamo. Amava molto mangiare, poltrire e stare immerso nell’acqua fangosa, come molti ippopotami sono soliti fare, per rinfrescarsi nelle calde giornate estive. Gli animali della foresta che passavano vicino alla pozza dove era solito immergersi lo salutavano con simpatia: così grosso e goffo com’era, metteva persino di buon umore.
    Una notte ci fu un grande temporale: fulmini spaventosi, tuoni fortissimi e tanta, tantissima pioggia. Piovve tutta la notte e al mattino, quando finalmente il cielo si rischiarò e gli animali trovarono il coraggio di mettere il naso fuori dai loro rifugi, la pozzanghera in cui il nostro amico era solito poltrire era diventata quasi un lago; un piccolo specchio d’acqua limpida e fresca.
    L’ippopotamo si avvicinò lentamente, per tastare la temperatura prima di immergersi: non gli piaceva l’acqua troppo fresca… D’improvviso si accorse della propria immagine riflessa davanti a sé: la guardò incuriosito e incominciò a pensare. Come era brutto e grasso! Ecco perché gli altri sorridevano quando lo salutavano, faceva proprio ridere… per non dire di peggio! Pensò al leone, così maestoso; alla sua amica scimmia, così agile; allo scoiattolo, così veloce in ogni movimento. Si sentì improvvisamente triste: era proprio inadeguato a convivere con loro. Brutto e grasso.
    Decise che era suo dovere fare qualcosa. Non era tipo da perdersi d’animo, lui. Avrebbe fatto una bella cura dimagrante: Voleva diventare anche lui forte come un leone, agile come una scimmia, veloce come uno scoiattolo, ecco!
    La sua vita cambiò completamente da quel giorno. Come prima cosa ordinò una cyclette e un tapis-roulant su Amazon, nuovi fiammanti. Poi si fece arrivare anche numerosi DVD con bellissime lezioni di aerobica, pilates e aquagym. E, soprattutto, iniziò a nutrirsi unicamente con yogurt, quello con il bifidus, crusca e germogli di soya.
    Mano a mano che i giorni, e poi le settimane, passavano, chiunque passava nei pressi del laghetto dell’ippopotamo non poteva fare a meno di notare i grandi progressi che questi faceva, grazie al nuovo stile di vita: “Ma come ti sei snellito, caro Ippo!” “Guarda che muscoli, e che pelle tesa!” “Sembri più giovane!” “Ma cosa hai fatto? Stai benissimo!”.
    Lui gongolava, si sentiva bene, più sano e più forte. Ogni giorno di più. Adesso non invidiava più né il leone, né la scimmietta, né lo scoiattolo. Anzi, anche loro avevano dovuto complimentarsi con lui per il suo nuovo aspetto!
    Un giorno, però, accadde una cosa nuova. In una nuvola di polvere, attraversando la savana, giunsero nella foresta dei cacciatori, a bordo di un fuoristrada carico di gabbie, grandi e piccole. Cercavano animali da catturare per rivendere allo zoo. Scesero dalla vettura, scaricarono tende, zaini e attrezzature e piantarono il loro accampamento, poco lontano dal laghetto. L’ippopotamo, che in quel momento stava saltando la corda dietro un cespuglio, si fermò, si acquattò zitto zitto ad osservare preoccupato le loro attività.
    Mentre alcuni montavano le tende, un altro accese un bel fuoco e mise a bollire un bel pentolone pieno d’acqua, per fare una pastasciutta. A lato, si mise a scaldare un bel sugo di pomodoro con le melanzane e pezzettini di salsiccia. Al nostro amico venne l’acquolina in bocca, ma fece finta di niente e rimase nascosto a spiare.
    Disse un cacciatore ad un altro: “Mentre aspettiamo il pranzo, perché non iniziamo a metter una trappola? Magari siamo fortunati e catturiamo subito qualcosa!”
    Detto fatto, scavarono una buca poco lontano e misero una gabbietta nascosta dalle foglie. Passarono solo pochi secondi e lo scoiattolo, sceso di corsa da un albero, si infilò dritto nella buca e rimase lì, intrappolato. I due cacciatori, sentito il rumore, non credettero ai loro occhi: un raro Scoiattolo dalle Orecchie Rosse, già in mano loro, così in fretta! Chissà quanto glie lo avrebbero pagato, allo zoo! Tutti felici, rinchiusero la gabbietta nel bagagliaio del fuoristrada e, visto che l’acqua per la pasta ancora non bolliva, decisero di appostare un’altra trappola, più grande, allargando la stessa buca nel terreno. In poco tempo il nuovo trabocchetto fu pronto e ben nascosto fra le foglie.
    Di nuovo, non ci volle molto perché la scimmietta, attratta dallo strano mucchio di foglie, andasse a curiosare e rimanesse presa nella gabbia. I cacciatori presero anche lei (“una rarissima Bertuccia Nana dalla Pancia Striata! Siamo proprio fortunatissimi!”) la caricarono insieme allo scoiattolo e, visto che l’acqua bolliva ma la pasta ancora non era pronta, allargarono ancora la buca, vi misero una nuova gabbia ancora più grande e ricoprirono il tutto di foglie, ancora una volta. L’ippopotamo, impietrito dalla paura, seguiva tutto ciò che accadeva quasi senza nemmeno respirare.
    Figuriamoci se ebbe il coraggio di avvisare il leone, quando lo vide dirigersi inesorabilmente a controllare chi avesse osato mettere quel mucchio di foglie nella “sua” foresta senza chiedere permesso…
    Tutti i cacciatori accorsero appena sentirono il tonfo e i ruggiti che seguirono, e ci volle tutta la loro forza per riuscire a sollevare la gabbia e trasportarla fino al fuoristrada: un rarissimo Leone Perlato dalla Coda Fulva (ormai poche decine gli esemplari ancora esistenti), si sa, arriva a pesare anche sei/settecento chili!
    Certo, tenere un leone così feroce in una piccola gabbia e per di più vicino ad altre preziose prede non era raccomandabile, così i cacciatori, dopo essersi consultati brevemente, decisero che era il caso di ripartire immediatamente per la città, correre allo zoo e incassare il lauto compenso che sicuramente i tre rari animali avrebbero fruttato. Non potevano certo sperare di ottenere di meglio quel giorno, la fortuna era già stata fin troppo benevola con loro. Abbandonati pentolone, pasta e sugo alla loro sorte, ammassarono di corsa tende e zaini, li buttarono sui sedili e si apprestarono a salire in vettura. Lanciato un ultimo sguardo all’accampamento per vedere se dimenticassero qualcosa di essenziale prima di lanciarsi in viaggio nelle polverose strade della savana e… notarono uno strano movimento in un cespuglio poco lontano. Era come un tremito fra le foglie, come se qualcuno tremasse di paura.
    Incuriosito, un cacciatore decise di scendere e controllare. Si avvicinò piano al cespuglio, imbracciando un fucile e… di colpo, veloce come un fulmine, uno strano animale, dal lucido pellame grigio-acciaio, il bel muso allungato come quello di un cavallo, i fianchi snelli e muscolosi, le cosce tornite e guizzanti, si lanciò in una folle corsa verso il fitto della boscaglia!
    Altri cacciatori corsero subito in aiuto al loro compare e tutti insieme si gettarono all’inseguimento di quello che, chissà, doveva essere un rarissimo esemplare di qualche specie mai vista prima, da quel poco che erano riusciti a intuire!
    Trafelato e terrorizzato, intanto, l’ippopotamo si era gettato a corpo morto nella prima pozzanghera che aveva trovato. Rimase lì un po’ completamente sommerso, poi non seppe resistere alla curiosità e sporse fuori con occhi, naso e orecchie. I cacciatori erano proprio lì, che si guardavano intorno, cercando la loro preda. Uno di loro lo vide, fece un cenno agli altri: tutti lo guardarono, si guardarono a vicenda e uno disse: “beh, questo è solo un grasso ippopotamo, non certo quella creatura bellissima e elegantissima che stavamo inseguendo! Forse non è il caso di proseguire, chissà dove sarà ormai, non lo prenderemo più di sicuro. Torniamo piuttosto alla nostra vettura, non si sa mai cosa potrebbe combinare quel leone. E accontentiamoci della fortuna che abbiamo avuto, per oggi. Torneremo un altro giorno a cercare quell’animale!” E, discutendo ancora se si fosse trattato magari di un Unicorno Argentato piuttosto che di un Levriero Gigante della Cappadocia (animali di cui tutti favoleggiavano ma che nessuno aveva mai avuto l’avventura di incontrare), fecero ritorno al loro mezzo, accesero il motore e sparirono nella savana, avvolti in una nuvola di polvere, così come erano venuti.
    Ippo rimase a lungo fermo, in silenzio, con solo naso, occhi e orecchie fuori dalla fanghiglia. Pensava. “Lo scoiattolo, con tutta la sua velocità, è cascato come una pera nella trappola dei cacciatori!” Pensava. “E la scimmietta, agile come era, non è riuscita a salvarsi neppure lei!” Pensava. “E che dire del leone, il più forte di tutti, il Re della foresta… in gabbia pure lui! Ma allora – pensava – a che serve essere così veloci, agili, forti? Perché fare tutti questi sacrifici? Solo un grasso ippopotamo, ha detto il cacciatore…ebbene sì, è questo che mi ha salvato! Chi me lo fa fare di fare tutti questi sacrifici, per… per? Per cosa? Per essere poi una preda ambita dei cacciatori? Eh, no no no! Signori miei, no! Qui c’è da cambiar vita!”
    E, intanto che così ragionava, era uscito dalla pozzanghera, si era avvicinato al luogo dove si erano accampati i cacciatori e adesso si trovava proprio di fronte a un magnifico pentolone stracolmo di pasta fumante, a fianco di un pentolino di profumato sugo con le melanzane e la salsiccetta a pezzi…
    Passare dal pensiero all’azione fu affare di un momento e, ben presto, di pasta e sugo rimanevano solo il ricordo e… una timida rotondità appena sporgente nella pancia di Ippo.
    Ci volle ben poco a recuperare la forma di un tempo: bastarono pochi giorni, assoluto riposo, pasti abbondanti e ore di relax sdraiato in qualche pozzanghera (ben fangosa, che non si sognasse di riflettere nessuna immagine, per carità!). Presto gli animali ripresero a salutarlo con un lieve sorriso sulle labbra, non si sa se per simpatia o per deriderlo.
    Ma lui rispondeva ai sorrisi con un sorriso ancora più grande, che voleva dire: “Se voi sapeste: non faccio niente, mi godo la vita, il fresco e la buona cucina, in più nessuno mi importuna, nessuno mi fa paura e ho tutto quello che voglio!”
    Persino i cacciatori, ormai, lo salutavano e gli sorridevano, gettandogli ogni giorno gli avanzi dei pranzi e cene succulenti che si preparavano nell’accampamento. Erano lì ormai stabilmente, da mesi: erano di casa, ormai. Cercavano uno strano animale, un Unicorno Argentato o un Levriero Gigante della Cappadocia, dicevano. Giuravano di averne visto uno, una volta, ma la gente pensava che fossero un po’ matti.

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